lunedì 24 gennaio 2011

Relazione GIOCODANZA® di Valentina Ciardi - Corso di Milano 2011

    Da qualche anno ho iniziato a condurre corsi di danza per piccoli allievi, e ogni anno aumenta sempre di più la consapevolezza di quanto sia importante condurre un lavoro mirato e, appunto, consapevole perché lavorare con bambini così piccoli significa gettare le basi non solo per un lavoro motorio che potranno proseguire in seguito ma soprattutto per una corretta conoscenza di sé a livello psicofisico.
   Pertanto il costante aggiornamento da parte dell’insegnante è di assoluta importanza, per poter arricchire non solo il proprio bagaglio di conoscenze tecniche, ma anche per affinare le modalità di conduzione, migliorando le capacità di trasmissione dei contenuti e di coinvolgimento emotivo tanto importanti in contesti educativi.
   Iniziare il percorso di formazione in Giocodanza mi ha permesso di approfondire alcune riflessioni sull’attività pedagogica della danza in particolare se rivolta a fasce d’età così piccole.
   La danza nella nostra più recente contemporaneità vive un profondo disagio: tramontata l’epoca in cui la danza era l’elemento sovvertitore che attraversava le arti performative, oggi la danza stenta a trovare una propria dimensione, pertanto, le si chiede di ritrovare la propria vocazione originaria di evento sociale, rituale, formativo; di ripercorrere, anche nell’ambito della pratica pedagogica, la strada della riaffermazione della centralità del soggetto umano, proprio in un tempo e in una cultura che hanno di nuovo posto al centro la corporeità umana, più spesso però in una prospettiva negativa, ricercando per essa un’attività misteriosamente simile al perseguimento della forma fisica: perpetua, destinata a non arrecare mai piena soddisfazione, sempre incerta sulla direzione da seguire e dunque portatrice, nel suo espletamento, di ansie e timori.
   In una prospettiva pedagogica, dunque, fare danza, non può essere considerato soltanto un modo originale per “far muovere” gli allievi, ma va inteso come un prezioso strumento di formazione della persona. Al centro del processo di educazione attraverso la danza si situa, infatti, il bambino, che viene coinvolto in un’esperienza di movimento incentrata su azioni motorie motivate da impulsi psicofisici interiori, poiché la danza è innanzitutto una forma di costruzione di una coscienza e di una conoscenza; non è un mero veicolo di sterili tecniche, ma un luogo di alterità e di riconoscimento, il cui obiettivo non è di produrre omologazioni, ma moltiplicare diversità.
  La danza, infatti, in una prospettiva pedagogica è un linguaggio non verbale, emergente dal corpo, in cui la persona è strumento e creatore allo stesso tempo e pertanto capace di trasformare contenuti interiori in forme dinamico-simboliche esteriori. La specificità della danza rivolta ai piccoli allievi, dovrebbe in tal senso risiedere nel dare letteralmente “corpo” al mondo espressivo di ciascun bambino. L’insegnante, attraverso i contenuti specifici della danza e della musica, accompagna il bambino nell’esplorazione delle proprie possibilità sonoro-espressive e simbolico-rappresentative.
   L’insegnante diventa così una presenza significativa, una guida che, senza interferire, è pronta a ricercare sul campo le piste di lavoro più adatte a promuovere dall’interno la formazione dei propri allievi. In questa ottica l’uso del corpo come mezzo per comunicare ed esprimersi rende la danza fondamentalmente unica nella sua valenza etico-estetica: attraverso il coinvolgimento di tutta la persona, la danza utilizza e trasforma il movimento in una manifestazione individuale, sociale e artistica.
   Individuale, perché offre la possibilità di esplorare ed esprimere la propria sensibilità emotiva; sociale, perché migliora la comunicazione e la relazione interpersonale e assicura il riconoscimento collettivo e la trasmissione dei valori culturali; artistica, perché da sempre stimola e aiuta l’uomo ad esprimersi attraverso forme e codici estetici che rielaborano e palesano differenti visioni della realtà nei diversi periodi storici e nelle diverse culture.
  
Queste poche riflessioni sono frutto della volontà di dedicarsi in maniera costante alla professione dell’insegnamento, sapendo che non si tratta semplicemente di allenare dei corpi ma di educare degli individui alla scoperta di sé e delle proprie potenzialità creative ed espressive. Il metodo Giocodanza penso si inserisca in questa prospettiva e sono felice di aver potuto ampliare le mie conoscenze attraverso questa metodologia che offre nuovi spunti di riflessione e rinnovate prospettive di lavoro.

Corso di Milano 2011 - Valentina Ciardi - valeciardi@yahoo.it

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